Immagino quella collina,                                             

posata su di essa il comodo sdraio                              

e io sopra in un regno senza materia.                                           

Osservo il cielo, unico spettacolo visibile

odo in lontananza del rumore.

Che agitazione, che negativo scalpitare di forze,

vanificati tutti i loro interventi per colpa

del loro elevato numero di voci,

chi grida, chi grida così forte da squarciarsi la

gola, e far uscire le viscere.

Chi grida e chi si avventa sulle viscere altrui e sulle proprie

giudicandole prelibato pasto?

Sciocco umano torna alla tua casa e vanta le

tue inutili azioni.

Fatti bello davanti a chi vuole come pasto te stesso,

renditi delizioso, cremosa pasta inconsistente.

Continua nel mio orecchio quel ronzio

non ci si abitua a quel lontano rumore

il mio orecchio non sa come sfuggire

lavoro la mia pipa che aggiunge nuvole al cielo.

Nessuno arriverà alla mia collina

non esiste strada per condurvi,

altrimenti anche io dovrei darmi come pasto,

non voglio condividere con altri la mia carne,

non voglio che mi si cucini a dovere

e non devo presentarmi a nessuno in

bella posa.

Quale forza potrà indurmi a tornare?

A lasciare la mia collina? E perché chiederselo?

Tutta la fatica per raggiungere questo

posto sarebbe svanita in un baleno.

E dovrò pagare questo pegno, questo errare e

cambiare posizione, infinito questo patema.

Così buffi siamo,  e sciocchi, e finti,

e gran male di noi possiamo dire

e stancarci di raccontarlo o di scriverlo,

gran male noi possiamo minuziosamente riferire

limitati siamo nel concepire  le nostre azioni

e quante volte ci diciamo,

pensiamo troppo al domani e troppo poco al venire.

L’immediato trionfa, e tutto è moneta

e il sublime, effimero, oggi vale poco.

Schiacciati e compressi nel gioire e nel dolore,

tutto di veloce consumo come se un potente combustibile

avesse imbevuto la nostra anima.

Corrosi dal nostro stesso sangue.

E ognuno è il proprio assassino, e da soli gioiamo a bruciare.

Sono qua sulla collina, scappato dal rogo

cerco di lavarmi e togliermi questo olio ruvido e pastoso.

Non si rimuove facilmente, è impregnato nel profondo.

Così, siccome anche tu stai bruciando, un pensiero disonesto mi

assale, con gran voce nella mente.

Spezzando logicità, arguzia, e togliendo il ragionare,

si impone in me una gran voce dicendo di smetterla, di raggiungerti,

e di bruciare con te,

veloci e passivi, ma felici.

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