Non ricordo, sinceramente, come fossi finito in quel luogo. Mi trovavo in un salone di una nave e diverse bottiglie vuote ingombravano il tavolo.
La stanchezza e la mancanza di lucidità imperava nel mio corpo e una notevole difficoltà dei movimenti mi rilegava in quella regale poltrona rossa che evocava tempi andati.
Ero, a dire il vero, in pace con i miei sensi e non fissai i miei pensieri in immagini particolari. Intorno a me il silenzio rotto dall’accentuarsi del rumore delle onde che cozzavano contro la nave della quale ero ospite e dalla quale non sapevo come fossi salito. Intorno alla stanza un arredamento essenziale e diversi arnesi, dei quali non conoscevo l’utilizzo, disposti capricciosamente alla rinfusa. Il rumore di passi di un uomo si aggiunse a rumore delle onde del mare, nel breve uno strano personaggio aprì, in maniera violenta e decisa, la porta. Scoppiai a ridere e lui, più intensamente di me, fece altrettanto.
Si accomodò, con notevole fatica, nella sedia di fronte a quella che mi reggeva, nell’altro lato del tavolo.
Si scusò del ritardo e appoggiò una bottiglia verdastra e scura sul tavolo. Quella operazione comportò la caduta di 2 bottiglie tozze che, fortunatamente, non si ruppero e rotolarono in un angolo della stanza. Gli occhi del mio ospite erano lucidissimi e fissavano la bottiglia e, di colpo ed inatteso, scoppio a ridire con ancor più ardimento di quando era entrato. Non potei trattenermi dal ridere per la scena buffa e goffa che era stata prodotta dal mio ospite e, non volendo mancare di rispetto, smisi prima di quello strano personaggio che, un attimo dopo, rotolò per terra imitando le bottiglie appena cadute e, in uno stato quasi pietoso, vi rimase per svariati minuti alterando imprecazioni a risate e risate a imprecazioni.
Era un uomo brutto da vedersi, molto tozzo con una barba non curata e sudicia.
Ero tentato ad alzarmi per cercare di soccorrere il mio ospite quando, con un improvviso scatto felino, si riaccomodò seduto come se nulla fosse accaduto.
Riuscii solo in quel momento a ricordare cosa fosse successo quella notte, o almeno in parte, e proverò a scriverlo con lucidità, per quanto possa, in queste condizioni.
A dire il vero ricordo solo che mi trovavo sul ponte della nave accompagnato da una quantità notevole di uomini, o almeno sembravano tali, che urlavano e strillavano come in preda a demoni.
L’aria era gelida e il vento, non particolarmente forte, la spingeva a tratti pungenti nel mio collo dandomi particolare noia. Introno alla nave una foschia mai vista, densa e bassa dalla quale non si potevano scorgere figure se non quelle inventate dalla fantasia di scrittori dell’orrore. Mi trovavo forse su una nave dannata?
Due di quegli esseri mi spinsero malamente su un asse che dava fuori dalla nave e, legato come ero, non potevo non prender e la direzione impostami. Il mio attuale ospite seguiva con particolare attenzione la scena e impartiva ordini e sferrava calci ovunque. Mi chiesero di dire una ultima preghiera perché il mio Dio mi accogliesse in pace e io, non so per quale particolare ragione, chiesi di bere una cassa di Rum. Incuriosito dalla mia richiesta il tozzo personaggio del quale, ahimè, non ricordo il nome, scoppiò, come ormai abitudine, a ridere a crepapelle. Di seguito tutti gli altri esseri, che ora ricordo dovevano comporre la ciurma di quella nave, seguirono lo strano personaggio e presero a dibattersi tra di loro in modo giocoso e particolarmente pericoloso.
Non ricordo se fosse successo il giorno prima o, questi fatti, fossero ancora precedenti perché non avevo modo di determinare oil tempo trascorso nella stanza nella quale ora ero felice di trovarmi.
Dovevo aver parlato molto perché mi era rimasta molta sete. Afferrai la bottiglia verdastra, tolsi con un morso il tappo sporgente e me ne versai un bicchiere abbondante.
Feci lo stesso con il bicchiere dell’ospite e cominciammo a discuterne ampiamente la qualità.
Si vantava di aver avuto l’onore di ricevere quel tipo di alcolico da un famosissimo pirata dei 7 mari che lo aveva rubato a seguito di un agguerrito arrembaggio a 3 navi. Dalla prima trasse oro e smeraldi, dalla seconda tappeti e ornamenti, dalla terza rum e alcolici ma, siccome non aveva tutto quello spazio nella sua nave decise di stivare esclusivamente il rum perché era il migliore che avesse ma bevuto e tanto, l’oro è cosa frequente da trovare ma, del buon rum, specie in tempi dove tutto viene fatto in grande produzione, era cosa ben rara da avere.
Al primo sorso si poteva sentire il sapore aromatico di erbe e di spezie, seguiva una decisa vampata di calore nel corpo e un ritorno inaspettato e stranamente dolce.
Non avevo mai bevuto una cosa simile e, a dire il vero, per il lavoro che svolgevo di bottiglie e di rum ne avevo bevuto tanto. Ora infatti ricordavo che ero il proprietario di una taverna nel porto di Meltorn dalla quale non sapevo a che distanza fossi ma, questo, non era ora un dato rilevante.
Era passato poco tempo e la bottiglia contenente quel pregiatissimo liquido era lungi che finita. Ma, soprafatto ed ebbro il mio ospite si riverso chino sul tavolo e prese con grande intensità a russare pesantemente tanto da far vibrare il tavolo sul quale aveva trovato rifugio.
Mi tocco la stessa fine ma, più accorto di quel personaggio, diressi me stesso di fianco al tavolo dove un divanetto mi permise di trovarmi molto comodo.
Non so quanto tempo passai su quel divano, venni svegliato da una mano pesante che, come un sacco di carbone, mi tirava con forza inaudita e incauta tanto che andai a battere la testa contro il tavolo.
Inevitabili le risa.
Presto mi trovai di nuovo seduto al mio posto e altre bottiglie erano state introdotte nella stanza che era stata sgombrata.
Riprendemmo a bere ogni sorta di liquore che era più o meno una variante del rum fatto da diverse tradizioni di diversi paesi.
Scoprii che ero strato tratto in salvo proprio da quel alcolico. Il mio ospite era un grande stimatore di Rum e aveva trovato per la prima volta in vita sua un compagno che potesse appagarlo nel elogiare o denigrare le varie qualità avendo competenza nel campo.
Di solito l’alcol rovina le persone, comincia ad avere notevoli impatti prima sul carattere e piano piano logora anche le parti fisiche di una persona. Si trattava probabilmente del primo caso di uomo salvato dalla sua sorte maligna da una bottiglia di rum.
Mi era indifferente trovarmi con quella persona in quella circostanza.
Lui manifestava, al mio contrario, una grande soddisfazione ad avermi come compagno e, tra un calcio e una bottiglia rotta, si alzava per darmi una amichevole botta sulla spalla ma, con intensità tale, che alla seconda stramazzai per terra pervarso da un notevole dolore che presto scomparve.
Insisteva notevolmente sul fatto che fosse stato un uomo solitario al comando di una manciata di sciagurati per troppo e troppo tempo.
Aveva trovato un compagno di svago in me, di qui non poteva fare a meno e alternava sempre meno di frequente le sue uscite per impartire ordini.
Ormai ero al limite del sopportabile, il mio corpo era inerme e ripresi a dormire con una unica differenza rispetto al mio sonno precedente, ero disteso sul pavimento.
Mi presero delle forti convulsioni e delle incredibili e potenti contrazioni dello stomaco stanco di essere colmo di alcol.
Non feci caso all’ospite che, anche lui inerme, giaceva sdraiato vicino alla porta di entrata della stanza.
Mentre continuavo ad avere forti spasmi, mi vennero in mente ricordi annebbiati e lontanissimi privi o quasi di immagini.
Mi sforzai di ragionare e ricordare non riuscii a trarre lume su come fossi finito su quella nave.
Il culmine del mio abbandono sfociò nella perdita di liquido del mio sesso e in un copioso vomito, successivamente persi i sensi.
Mi risvegliai ancora intontito e mi ritrovai in una camera molto piccola e buia.
Avevo vestiti puliti e mi trovavo in un letto molto corto tanto che potevo tranquillamente toccare la sponda dalla parte dei piedi.
Un lume era stato lasciato acceso nel comodino, la stanza non era più grande di 2 metri per 3, poco adorna e particolarmente buia.
Mi trascinavo ancora il fardello dei postumi della sbronza e, per una buona mezzora, non mi ero reso conto che non ero solo nella stanza.
Una donna o forse una ragazzina sedeva in un angolo della stanza su una poltrona della quale distinsi a mala pena la forma.
Avrei voluto dire qualcosa ma rimasi in silenzio, forte e rapido mi riprese il sonno.
Al mio nuovo risveglio controllai di nuovo la poltrona e quella presenza era ancora nello stesso posto e nella medesima posizione anche se, a dire il vero, non potevo rendermi conto, e ultimamente era capitato spesso, di quanto tempo fosse trascorso dal mio precedente risveglio.
Cercai di alzarmi dal letto ma senza esito.
Notata la mia azione la signora o signorina, si alzò di scatto e prese a parlarmi in una lingua che stentai a capire perché era un dialetto molto antico e lei non lo parlava neanche molto bene perché ometteva gli articoli.
Io conoscevo quella lingua perché da giovane avevo viaggiato molto e intrapreso molti studi ….
Avvicinandosi al mio letto riuscii a distinguerla abbastanza chiaramente tanto da poterne dare una descrizione: si trattava di una giovane ragazza, ritengo potesse avere 14 o 15 anni con i capelli molto trascurati nero carbone di media lunghezza, era molto scarna in viso e aveva 2 piccoli occhi neri. Non era più alta di 1,50 metri ed era veramente carne ed ossa tanto che non avrei immaginato che le sue esili gambe le permettessero di poter camminare.
Doveva essere stata lei a cambiarmi i vestiti e a farmi coricare nel letto e provai un leggero imbarazzo per il fatto che doveva avermi completamente svestito e rivestito.
Prese acqua calda e un panno che inzuppò in un unguento e me lo sistemo in fronte.
Questo mi provocò un grande sollievo e mi rese la mente più lucida e pronta.
Notai delle strane macchie sulla sua pelle, forse era molto tempo che era in mare o forse non aveva mai conosciuto la terra.
La sera, sempre che potesse essere sera visto che non potevo avere cognizione dato che era una stanza buia, mi fu portato un brodo caldo dal sapore delicato che fini per bere molto rapidamente quasi scottandomi la lingua.
Si aprì improvvisa la porta ed entro nel silenzio un personaggio della ciurma che fece alcuni cenni alla ragazza e si congedò senza dire una parola.
Non compresi cosa mi disse la ragazza ma capii che dovevo alzarmi ed uscire data la sua insistenza.
Mi condusse nuovamente nella stanza nella quale avevo perso i sensi e tosto si ripresentò il mio ospite con altre bottiglie di rum.
Ricominciò a versare diversi bicchieri da diverse bottiglie e nuovamente riprendemmo a bere.
Era incontenibile la gioia espressa dal mio ospite e la manifestava sempre a modo suo, sferrando potenti calci contro le pareti e forti pugni a me indirizzati.
Eseguimmo ogni sorta di brindisi nelle più svariate e inconsuete maniere.
Ero già molto scosso dall’alcol quanto,per mia fortuna, erano già state consumate tutte le nuove bottiglie che erano gentilmente state offerte fino ad allora.
Il mio ospite era visibilmente scosso e abbandonato ai sensi quando, con un’altro balzo felino che mi stupì molto, si alzò in piedi prendendo la direzione della porta di uscita.
Aprì la stessa e vi rimase appeso per diversi minuti.
Ebbi l’occasione di osservare tutta la sua figura e si fermò nella mente l’immagine della sua grossa cintura che fermava la grossa giubba che indossava.
Alla sua sinistra pendeva, affilatissimo e lucente, un grosso stiletto di circa 18 centimetri.
Trascorso quel tempo, che sembrava interminabile e notevolmente dilatato, l’ospite uscì dalla stanza sbattendo, con violenza e grande rumore, la porta.
Fece il suo ritorno dopo altrettanto tempo ben felice di mostrarmi ulteriori bottiglie. Ne rimasi agghiacciato ma, era tale la sua insistenza che, nel breve, dovetti rimettermi a fargli da compagno.
Il proseguimento della serata, da quella stanza attraverso il grande vetro alle mie spalle potevo rendermi conto che fosse sera, inevitabilmente finì per entrambi nell’ accasciarsi e delirare sul pavimento.
Il mio risveglio avvenne nella stanzetta che occupavo la sera prima ed era ancora presente la stessa ragazza che mi aiutò il giorno prima.
Notai che non avevo avuto bisogno di nuovi vestiti ma, ugualmente, mi sentivo decisamente colto da diversi malesseri da una profonda e acuta nausea.
Avevo diverse ossa doloranti a causa delle poco gradevoli ma, sferrate con affetto, percosse che avevo ricevuto dal mio ospite.
Passai molto tempo a riposare e di tanto in tanto questa ragazza mi passava un unguento nella fronte e mi inumidiva con un olio molto denso le labbra.
Quando fu il momento di andare venne ad avvisarci lo stesso sguattero che entrò la sera precedente in quella stanza.
Ero per il terzo giorno consecutivo in attesa del mio ospite nella stanza del rum, così da me battezzata, aspettando la prepotente entrata.
Non passò molto tempo da questo mio pensiero al suo avverarsi e altre bottiglie sempre diverse mi furono offerte.
In quella sera gli occhi del mio ospite brillavano di una luce mai notata prima e, questo sgradevole particolare, turbava la mia presenza in quella stanza.
Non potevo staccarmi dal suo agghiacciante sguardo e non riuscivo più a tollerare la sua presenza al punto che, colto un attimo di debolezza del mio ospite fui io a spiccare un notevole balzo, al quale sia io che lui rimasimo colpiti, e a sottrarre dallo stesso quel grande stiletto che portava in cintura.
Deciso nelle mie intenzioni glielo puntai alla gola.
A seguito di questo lui scoppiò in una delle sue odiose risate che quasi mi contagiò.
Rimasi in quella situazione, esitando nei movimenti, per parecchio tempo ma lui non ne fu alquanto scosso.
Non temeva la morte perché, probabilmente, la sua vita aveva perso senso da molto più tempo del nostro incontro.
Non so come ebbi il coraggio.
Avvenne tutto in modo molto veloce ed indolore.
Decisi che, per fare del male a chi mi relegava in una condizione così inumana, l’unica soluzione non fosse uccidere lui, ma, uccidere me.
Così feci.
Un colpo netto alla mia gola mi condusse diretto alla morte assopita da tutto quel alcol.
Non sentivo alcun dolore ma non credo che passai immediatamente alla vita al di là della vita stessa.
Sicuro era il fatto che non sentii mai più il suo orrendo modo di ridere.
Finito l’alcol il mio ospite rimase per molto tempo nel tentativo di reggersi in piedi.
Si lego stretto i polsi nello stesso modo che era stato fatto a me per essere buttato in mare fuori dal ponte e, con tutta calma si diresse fuori coperta.
Senza esitazione si precipito, urlante e sbavante, oltre il ponte al di fuori della nave.
Non si seppe più nulla di lui, sicuramente aveva conosciuto anche lui la morte e la vita al di là della vita ma, leggenda vuole, che nelle notti di nebbia quelle risate giungano dentro i Marinai sbronzi all’interno delle navi e spingano gli stessi a compiere orribili atti e crudeli risa.